Confiscare i beni è stata una delle azioni più efficaci nel contrasto alla mafia. Togliere il frutto dell’attività criminale, riconsegnarlo alla collettività è l’affermazione del legale sull’illegale, dello Stato sull’antistato che la mafia rappresenta. È tempo però di una riflessione sullo strumento e sulla sua organizzazione.
L’articolo del Giornale di Brescia
Velocizzare i tempi di assegnazione dei beni, trovare adeguate forme di finanziamento per utilizzarli, garantire la continuità di attività imprenditoriali “rubate” alla mafia, sono questioni da affrontare e risolvere. Sono convinto che il ruolo delle Regioni possa diventare fondamentale in tal senso, sia come supporto dell’Agenzia nazionale sia a Comuni e assegnatari dei beni. Sviluppare sinergie tra istituzioni e chi da sempre, penso alla straordinaria storia di Libera, è in prima fila nella concretezza dell’azione è fondamentale.
Coinvolgere in questo processo associazioni d’impresa, mondo del lavoro, della cultura, del giornalismo, della scuola, delle professioni è di indispensabile necessità. L’iniziativa del festival delle idee promossa dalla Regione, frutto di una intuizione del Comitato scientifico guidato dal prof. Dalla Chiesa, vuole raggiungere un duplice obbiettivo.
Il primo: coinvolgere Comuni, associazioni, cittadini, scuole nel pensare come riutilizzare i beni. Considerare nuove forme, che escano dal tradizionale utilizzo a fini sociali, può essere d’aiuto e efficacia.
Il secondo: rifletterei sui beni confiscati, prendere coscienza di quanti siano e come siano distribuiti sui territori. Invito tutti a leggere i nomi dei Comuni dove sono collocati, aiuta, e molto, a prendere coscienza di cosa sia e quanto sia ramificata la mafia “anche” in Lombardia.
Perché la presa di coscienza e una reazione decisa, forte e condivisa sono il tracciato di un percorso che insieme dobbiamo intraprendere. Con le istituzioni, perlomeno mi auguro, finalmente in prima fila.
(Questo appello è stato pubblicato il 30 gennaio sul Giornale di Brescia)