Leggo sull’ Espresso di questa settimana un articolo di E. Scalfari nel quale si auspica che Vendola entri nel PD per accrescerne la componente di socialismo riformista, pena il pericolo, per questo partito, all’ appuntamento del 2013, di far la fine della gioiosa macchina da guerra di occhettiana memoria. Francamente non sono d’ accordo. A cominciare dal considerare il PD un qualcosa di simile all’ iniziativa di sinistra del ’94. Se così fosse non solo saremmo drammaticamente anacronistici, ma si porrebbe un serio problema per molti che si troverebbero a militare in un partito diverso da quello che pensavano. Se esiste un problema per i Democratici è proprio quello di riuscire ad affrancarsi da un’idea di “vecchio” partito di sinistra per interpretare, come detto nella fase di costituzione del PD, la novità realmente riformista nella politica italiana. Come Scalfari possa pensare di risolvere il problema auspicando l’ingresso di Vendola nel partito mi risulta sinceramente incomprensibile. Apprezzo il serio e importante lavoro del Presidente della Regione Puglia nell’ aggregare a sinistra, ma ciò può rappresentare un alleato, non certo una componente dei democratici. Anzi proprio perchè può rappresentare un alleato diventa assolutamente necessario marcarne la differenza, per unire consenso “diverso”, non litigare per spartirsi gli stessi voti. Il PD ha l’assoluta necessità di conquistare il voto moderato. Non può pensare di farlo solo cercando alleanze, fra l’altro piuttosto precarie, con l’UDC o il terzo polo in generale, deve ottenerlo ponendosi come partito capace di includere quel tipo di consenso. Certo il continuo esasperare i toni di una certa classe dirigente o le continue fughe in avanti di questo o quel rampollo di belle speranze non aiuta molto. Il tempo che il PD ha davanti non è molto, lo deve utilizzare al meglio a cominciare dall’essere estremamente chiaro sia al suo interno che verso l’esterno. Se non trasmetterà la capacità di dare risposte innovative ai problemi di un paese stagnante, se non sarà capace di liberarsi dalla sindrome di autotutela della solita classe dirigente, se non saprà aprirsi ad energie fresche evitando di crescere in laboratorio i propri rappresentanti, potrà anche vincere le prossime elezioni, difficilmente diventerà l’autorevole riferimento per il Paese nei prossimi anni.